ll taràssaco (Taraxacum officinale) è una pianta appartenente alla famiglia botanica delle Asteraceae. L’aggettivo officinale, che identifica la specie, ne indica le virtù medicamentose, note fin dall’antichità e sfruttate con l’utilizzo delle radici e delle foglie.
È una pianta tipica dei climi temperati e, anche se non necessita di terreni e di esposizioni particolari, predilige maggiormente gli spazi aperti, soleggiati o a mezz’ombra. Cresce spontaneamente nelle zone di pianura fino a un’altitudine di 2000 metri. In Italia è presente un po’ ovunque: lo si può trovare facilmente nei prati, nei terreni incolti, lungo i sentieri e ai bordi delle strade.
Si tratta di una pianta erbacea perenne con radice a fittone; presenta una rosetta basale di foglie con margine inciso in modo irregolare, che possono essere più o meno lunghe, erette oppure sdraiate al suolo. Dalla rosetta si innalza un sottile fusto cavo che può raggiungere un’altezza massima di 45 cm. I fiori, sulla cima del fusto, sono raggruppati in capolini di colore giallo intenso. La fioritura avviene in primavera, principalmente nei mesi di aprile e maggio, ma si può prolungare fino all’autunno. Alla fine della fioritura da ogni fiore si sviluppa un achenio, frutto secco indeiscente e provvisto del caratteristico pappo: un ciuffo di peli bianchi a forma di ombrello che agevola col vento la dispersione del seme e quindi la riproduzione della pianta.
Una pianta, mille nomi
Il termine tarassaco deriva forse da una parola persiana che significa “erba amara”, o probabilmente dal greco taraxis che significa “guarire”, in riferimento alle proprietà medicinali della pianta. Ma questo, che è il nome comune con cui si identifica la pianta, è solo uno tra gli innumerevoli vocaboli che nel tempo sono stati attribuiti a questa piccola piantina.
È comunemente conosciuto come dente di leone, dente di cane, soffione (l’infruttescenza), nonnino, cicoria selvatica, ingrassaporci, pisciacane, piscialletto, o anche con lo storpiamento del nome in tarassàco.
Esistono delle spiegazioni per i vari nomi della pianta: viene chiamata “dente di leone” o “dente di cane” a causa della forma dentata delle foglioline; “piscialletto” si riferisce alle sue proprietà diuretiche e drenanti, note dalla tradizione. Il ciuffo lanoso che contiene i semi e che si sviluppa una volta terminata la fioritura gli è valso i termini “soffione” e “nonnino”: infatti, il pappo bianco ricorda la capigliatura di un anziano signore, e da piccoli tutti abbiamo giocato almeno una volta a soffiare e sparpagliare in aria tutti i ciuffetti bianchi dell’infruttescenza.
Un po’ di storia
La storia di questa pianta in Europa è relativamente recente: sembra infatti che l’uso del tarassaco non fosse molto diffuso presso greci e latini. Fu solo a partire dal Medioevo che, seguendo la Teoria delle Segnature, in virtù del colore giallo del fiore paragonabile a quello della bile, si iniziò ad usare come rimedio depurativo per il fegato. E come spesso accade, successive evidenze scientifiche hanno confermato questa teoria.
I medici Arabi del X secolo erano stati i primi a riconoscerne le proprietà diuretiche e lo consigliavano come depuratore del sangue. L’antica Medicina Cinese aveva scoperto il tarassaco da millenni e lo prescriveva per trattare svariati disturbi (dai malanni della stagione invernale alle epatiti o le ulcere, etc.) oltre che per rendere luminosa la pelle e limpidi gli occhi.
Nel 1546 il naturalista Bock attribuì al tarassaco un potere diuretico, mentre un farmacista tedesco del XVI secolo ipotizzò che la pianta potesse mostrare virtù vulnerarie (vale a dire capaci di curare rapidamente le ferite). Dal XVI secolo il suo proficuo utilizzo soprattutto durante i cambi di stagione, per disintossicare e purificare l’organismo, ha fatto prosperare una vera e propria terapia, definita non a caso “tarassacoterapia”.
Proprietà terapeutiche
Per sfruttare le numerose proprietà benefiche che offre il tarassaco si utilizzano essenzialmente le radici, e in minor parte anche le foglie, da cui tramite specifici processi tecnologici si ottengono estratti ricchi dei componenti più importanti; in realtà, tutta la pianta è commestibile e contiene un buon quantitativo di vitamine e sali minerali. Le foglie sono caratterizzate da un intenso sapore amaro aromatico, quelle esterne più grandi e dure si possono consumare cotte, quelle interne si mangiano in insalata. Con i boccioli floreali si possono preparare succhi e tisane, oppure li possiamo conservare in salamoia o sotto aceto.
Il tarassaco contiene alti livelli di polifenoli e polisaccaridi, in particolare l’inulina (le radici ne contengono fino al 40% del loro peso!). Inoltre, è ricco di triterpeni, lattoni sesquiterpenici, fitosteroli, che contribuiscono alle attività biologiche del fitocomplesso, oltre a sali di potassio e vitamine.
È considerata nella tradizione erboristica una tra le più importanti “piante depurative” per l’organismo e lo studio scientifico dei componenti bioattivi ne ha confermato in larga parte le proprietà terapeutiche che le sono state annoverate. Favorisce infatti l’aumento della produzione di bile da parte del fegato, nonché il transito di tale liquido verso l’intestino, mostrando pertanto un effetto coleretico-colagogo. Questo promuove la corretta funzionalità dei processi digestivi ed il transito intestinale, risultando così un ottimo rimedio in caso di dispepsia funzionale e/o biliare, caratterizzata da una digestione lenta e difficoltosa.
L’elevato contenuto di inulina nel tarassaco aiuta a mantenere la fisiologica attività della flora batterica intestinale e quindi il benessere di tutto l’organismo. L’inulina è un polisaccaride appartenente alla famiglia dei fruttani; si tratta di un prebiotico, in quanto la microflora intestinale è in grado di metabolizzarla per trarne nutrimento. Studi recenti hanno dimostrato che in seguito all’assunzione di inulina si riscontra un aumento significativo nel tratto intestinale di Bifidobatteri e Lattobacilli. Ne risulta una riduzione degli eventi di diarrea, un miglioramento generale della salute del tratto gastrointestinale e un rinforzo del sistema immunitario. È stato rilevato anche un incremento dei livelli di acido butirrico nell’intestino, una sostanza prodotta dalla fermentazione di prebiotici ad opera del microbiota, sempre più interessante grazie alla sua comprovata azione protettiva contro le malattie infiammatorie e neoplastiche del colon.
Infine, ma non per questo meno importante, il tarassaco è dotato anche di una certa azione diuretica e drenante, favorente l’eliminazione dei liquidi in eccesso; per questo effetto è molto utile in presenza di gonfiore e ristagno di liquidi, ritenzione idrica, come complemento in regimi dietetici mirati al controllo del peso corporeo. Le sostanze amare presenti soprattutto nelle foglie favoriscono la secrezione acido-peptica dello stomaco e contribuiscono a migliorare la funzionalità del tratto gastrointestinale.
Alcune avvertenze
Sebbene il tarassaco sia considerato una pianta sicura e priva di rilevanti effetti avversi per la salute, e possa dunque essere utilizzato per sfruttare le sue proprietà benefiche senza correre alcun rischio, bisogna fare attenzione ad alcune situazioni in cui la sua assunzione risulta sconsigliata.
Ad esempio, è necessario usare cautela in pazienti affetti da gastrite o ulcera peptica, in particolar modo per quanto riguarda gli estratti delle foglie che possono incrementare la secrezione acida gastrica. Inoltre, andrebbe evitato in persone che presentano calcoli di piccole dimensioni alle vie biliari, perché può essere causa di coliche in virtù degli effetti sul flusso biliare. Infine, un’attenzione maggiore va riservata anche da parte di pazienti che ne facciano un uso prolungato in associazione a terapie con farmaci diuretici o con sali di litio, che accentuano l’attività diuretica del tarassaco.